Nuvola Rossa

Nuvola Rossa

Il giorno in cui Nuvola Rossa si inoltrava nel bosco dietro Villa Toeplitz per tornare a casa,io e Cavallo Pazzo ce le stavamo suonando di santa ragione. Il successo nella lotta garantiva il diritto di chiedere a Nuvola Rossa, Mara nella realtà, di diventare la ragazza del vincitore. Si era trasferita con la famiglia pochi giorni dopo la fine della scuola, io e Aldo giocavamo a muro, lei si avvicinò, prese dalla tasca posteriore dei pantaloncini un mazzo di figurine e giocò con noi. Era brava, cazzo se lo era! Nel giro di dieci minuti ci ridusse a ragazzini sfigati con un solo Bettega e un Maldera nelle rispettive tasche. Sorridendo ce le restituì. È così che entrò nelle nostre vite. Mara era la più veloce e agile, sapeva trovare i nidi di tordo sugli alberi, ci aveva insegnato a riconoscere l’erba cucca e a mangiarla, e non temeva di scavalcare la recinzione di ferro arrugginito del frutteto dei Parini dove rubavamo mele, pesche e ciliegie. Lei che, con i suoi occhi verdi e i capelli racchiusi in due treccine amaranto, ci ammoniva di non uccidere i maggiolini o le cavallette, se non siete in grado di ridare la vita, diceva, perché toglierla? Come potevamo non esserne innamorati? Ero sopra Aldo, lo tenevo bloccato. “Arrenditi!” gli urlavo, sentivo ogni fibra dei suoi muscoli tendersi, gli colava sangue dal naso, rivoli simmetrici sulle guance. Lo trattenevo a terra e lui non mollava, strizzava gli occhi da farsi male pur di trattenere le lacrime. Non volevo piangesse, era mio amico. Cacchio! Il mio migliore amico. Allentai la presa e in un attimo mi ritrovai nella posizione opposta. Ora era lui che mi gridava di arrendermi. Sangue sudore e saliva gocciolavano sul mio viso. Mi consegnai al nemico: era il più innamorato. Si alzò, tolse la maglietta e si tamponò il naso. Geronimo, disse, facciamo che sia lei a decidere. Aveva meno forza ma più buon senso di me. Acconsentii. Non servì a nulla, non la vedemmo più. Quello stesso pomeriggio sua madre la caricò sulla Fiat 127 e partirono per chissà dove, volarono lontano da quella casa e da un padre e un marito violento. Sono passati trent’anni da quell’estate, Beatrice, mia figlia, è seduta sul divano con me, ha sedici anni e la voglia di stringersi a suo padre ancora adesso, la ringrazio per questo. Stiamo guardando un documentario, argomento gli insetti. Non ho simpatia per quegli esseri ma sono qui con mia figlia ed è una cosa stupenda. Parlano di cicale, una specie asiatica rimane sottoterra per tredici anni, poi si rivela al mondo e vive nel sole estivo un paio di mesi. Lo sapevi papà? No, le rispondo. Ma ne ho conosciuta una tanto tempo fa, il suo nome era Nuvola Rossa.

di Gian Paolo Zoni

Il racconto del giorno feriale (dagli autori della nostra scuola di scrittura SCRIVERE IL CORTO)


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