Da Silvano, ai tempi del coronavirus
Vi confesso subito una cosa. Dell’Uomo Qualunque inventato da Guglielmo Giannini, mi sembra nel primo dopoguerra, non sono mai andato al di là dello slogan. UOMO QUALUNQUE, quale io sono sempre stato. Non dico altro, ma siccome so che avete il vizio di inquadrare le persone, vi dico anche che dalla terza media sono stato buttato fuori a calci nel sedere, e sono ancora riconoscente a quel professore d’italiano che diede la spinta maggiore, lui che sosteneva che a scuola si impara poco o niente, tranne lo stare insieme.
Col mio amico Marco un tempo, bei tempi davvero, ci trovavamo alla partita di calcetto, e poi a bere una birra come fanno quelli del rugby. Da lunedì invece, per via del coprifuoco, ci incontriamo direttamente da Silvano. Ore 21, come al solito.
Silvano ha un bar in centro, la saracinesca è chiusa, e ci fa entrare da dietro. Niente di speciale, nel senso che non ci sono donnine o cose del genere. Ci beviamo le nostre tre o quattro birrette, e in questo periodo teniamo le distanze di legge, un metro, anzi noi ne teniamo due. Non come i professionisti del calcio che a ogni gol si danno i baci in bocca, o come quelli in metrò che praticano ancora la mano morta. A volte Silvano ci porta lo stinco cucinato dalla moglie e tiriamo le due o le tre di notte. Tanto abitiamo tutti lì attorno. Il Beppe Colombo però sta a 20 km. Lui rischia, ma dice che ne vale la pena perché la libertà ha sempre avuto un costo. Al massimo pago la multa, afferma tranquillo, o se proprio va male mi mettono in galera.
Suo cognato, che da dieci anni occupa lo stesso sgabello, l’altra sera, con il computer appoggiato al bancone, si è messo a leggere a voce alta un articolo su LegnanoNews del virologo Paolo Viganò. In sala s’è fatto silenzio, e anche a lettura terminata il silenzio si tagliava a fette. Uomini qualunque che la pensano come un emerito professore della medicina.
Silvano, fin dall’inizio sull’attenti, irrigidito come un soldato davanti al Milite ignoto, a un certo punto si è sciolto. “Questo giro lo offre la casa”, ha gridato alzando al cielo il suo bicchiere. E il cognato del Beppe Colombo gli ha risposto: “Quello dopo lo offro io, alla salute di Paolo Viganò”.
di Abramo Vane, illustrazione di Renato Pegoraro
Il racconto del giorno feriale (dagli autori della nostra scuola di scrittura SCRIVERE IL CORTO)
- Mio nonno
- La gara
- Il marionettista ovvero il Tredicesimo arcano circense
- Una tranquilla domenica di guerra
- Viola
- Il cavallino rampante
- Italia Germania 4-3
- Sansone & Dalila
- Il maestro del tè
- Lungo il fiume
- Flock
- I ragazzi down e il significato dell’arte
- 11 maggio 1999
- Al Sass de Stria
- Pasqua 1985
- Regalo di Natale
- I luoghi mai raggiunti da mio padre
- Luce ferma
- L’attore
- Un angelo caduto
- La scarpa
- Luna bianca (Mwezi)
- La vecchia tigre
- Ero lì
- La palla ovale
- Neve di febbraio
- Milano Marittima, 1959
- E la neve scendeva fitta
- Hanno ucciso l’uomo ragno
- Seconda stella a destra
- Il mio ragazzo di colore verde
- La prima cena
- Appuntamento con la felicità (ovvero i colori dell’amore)
- I muscoli del Capitano, parte seconda
- La prima stella
- Nuvole, 2050
- Nikolajevka (26 gennaio 1943)
- Un mondo senza colori
- Infinite strade
- Green card
- Finestre chiuse
- Nuvola Rossa
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