Di Ilaria Mainardi

La porta del vecchio bistrot era quasi del tutto scolorita. Resisteva un pizzico di rosso sulla cornice superiore. Era stata risparmiata dalle intemperie grazie alla preminenza di una tettoia, fissata appena sopra, sul resto della soglia. E poi si notava qualche screziatura bluastra, virata ormai al grigio antracite, intorno al pomello d’apertura. La conformazione casuale delle scrostature di vernice imprimeva sull’impiallacciato il senso di macchie di Rorschach: pianeti ignoti all’astrofisica, continenti sommersi, l’Isola del Diavolo, che assomiglia a un cucchiaino da tè. La donna entrò, lasciandosi dietro una brutta giornata. Si sedette nel posto di sempre e ordinò un caffè lungo. Non aveva mai notato che sul ripiano alto dei liquori stava incastrato un piccolo mappamondo le cui condizioni non erano troppo migliori di quelle degli infissi.

«Quello? Eh, quello me lo ha regalato un viaggiatore. Saranno… quarant’anni, almeno. Se esci di qua e vai verso la fontana, ecco, lì c’era una specie di ritrovo di camminatori, gente che abbandonava le strade come le speranze, ma non si perdeva d’animo. C’erano parecchi rifugi come quelli lungo il fiume.» Il proprietario agguantò uno sgabello e solo una volta sopra si rese conto che una delle gambe era più corta delle altre di almeno un paio di centimetri. Imprecò, ma riuscì ad agguantare il suo reperto.

L’ellissoide di legno, imbrunito dal tempo, emanava un intenso odore di alcol, che copriva a stento quello di muffa. La donna fece un respiro profondo. L’asse doveva essersi cementato per le incrostazioni. Forse invece era colpa di alcune schegge rialzate che ne inibivano il movimento: per risolvere l’empasse galileiano si correva il rischio di ferirsi. Tanto valeva accettare il fatto che la terra non girasse più intorno al sole, almeno non in quel bistrot di provincia. Il viaggiatore aveva segnato delle croci rosse in corrispondenza di ogni luogo che aveva visitato (o che avrebbe voluto visitare, chi lo sa).

«Sembra una costellazione di viaggi. Non ti sembra la forma di Orione, questa?»

«No, no, stai a sentire, la particolarità è dentro. Non mi dire che non si riesce ad aprirlo da sotto… dai qua, fai vedere.» All’interno del mappamondo era conservato un foglietto ripiegato in due parti. Giallo, rigido: dalla cellulosa era nata una pietra graffiata dall’inchiostro, rosso, come le croci. Le parole non si leggevano più, scolorite, ammucchiate, quasi un cimelio svanito fra i recessi della memoria.

La donna si terse gli occhi umidi e provò da sola a decifrare l’enigma: “amore mio, ci rivediamo su Rigel”.

Ilaria Mainardi è nata e vive a Pisa, ma grazie a viaggi mentali si sente cosmopolita. Passioni: calcio e cinema. Ha pubblicato libri di narrativa, anche per ragazzi e bambini, e saggistica. Pep Guardiola e Quentin Tarantino l’aspettano da tempo.

Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) RACCONTI D’AMORE ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)

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