Di Alberto Oggero

Fianchi larghi, carnagione chiara e sguardo sensuale. Gli parve una bella donna, d’altri tempi, fiera della sua corona e del suo scettro, ma incurante del tributo di sangue di milioni.      Rivolse lo sguardo verso l’enorme cono di pacchi argentati. Impilati uno sopra all’altro con su il logo di un noto stilista, al centro dell’ottagono piuttosto che un albero di Natale, erano un monumento alla decadenza occidentale. Guardò nuovamente la rappresentazione dell’Europa che adornava la lunetta e gli sembrò decente. Fu solo un attimo.

     Fece scivolare il cappuccio del parka sulla testa rasata prima di farsi largo tra la folla frenetica d’acquisti, ennesimo insulto alla spiritualità che gli ortodossi a differenza di altri, erano stati in grado di proteggere. 

     Si infilò le mani in tasca, aprendo e chiudendo ritmicamente i pugni per riscaldarle. Non era certo il freddo al quale era abituato, ma anche quello di Milano si faceva sentire.

    Non si ricordò di quando viveva al paese, in Friuli. Non si ricordò delle giornate trascorse a spaccarsi la schiena nella segheria di famiglia, e dei momenti di svago al bar, sempre più frequentato da gente diversa che non si sapeva da dove arrivasse.

    Non si ricordò di quando in paese in tanti lo schernivano per la sua balbuzie, sostenendo che parlasse peggio di tutti quelli là. Non si ricordò di quando sua madre l’aveva lasciato, solo nella solitudine.   

     Si ricordò invece dei suoi compagni, dei momenti trascorsi insieme nella neve e nel fango, delle difficoltà e della paura. Si sentì fiero, ma durò poco. Il volto di quell’uomo gli apparve chiaro agli occhi della mente. Sentì una vampata di calore, il cuore a mille, e per un attimo gli mancò il respiro.

    Si ricordò della trincea, nel Donbass, di quando baionetta in canna, era corso avanti urlando, come gli avevano insegnato. Si ricordò dell’odore dell’erba quando si era trovato per la prima volta faccia a faccia con il nemico, più giovane di lui, la mimetica nuova e la fascia azzurra al braccio. Il ragazzo inciampando era caduto rovinosamente a terra, offrendogli la preziosa opportunità. Rivide gli occhi azzurri che lo fissavano. Si ricordò del sudore che gli aveva pervaso le mani, dei muscoli bloccati nel gesto di affondare la baionetta. Si ricordò di non essere stato all’altezza. Si ricordò di non essere stato capace ad uccidere.

    Da quel giorno i suoi commilitoni avevano preso a chiamarlo “Il dolce italiano”, parole quelle che non gli avrebbero più dato pace.

   Scomparve tra la gente mentre la Madonnina, impassibile, risplendeva di luce lassù sulla Guglia Maggiore. Non era scomparso nessuno.

Alberto Oggero è un esperto di politica e sicurezza internazionale. Inter alia, è stato funzionario del Servizio Diplomatico UE e della NATO. Ha lavorato nei Balcani, Turchia, territori Palestinesi, Cina e Belgio dove vive e lavora al momento.

Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) RACCONTI DI GUERRA E PACE ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)


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