UN CAVEDIO NELLA STORIA (PARTE 2)

UN CAVEDIO NELLA STORIA (PARTE 2)

È arrivata la primavera

Dovevamo festeggiare la nuova stagione, e nella nostra Vetrina da leggere tutti i racconti omaggiavano magnolie e fiori di pesco, e qualche autore non s’era trattenuto dall’associare il risveglio della natura a quello dell’anima, bah… cose del genere capitano nelle migliori famiglie. Occorreva comunque tirar su i soldi, i politici non ci sentivano, e non so se avete mai notato le loro orecchie, uno fa l’assessore, e un altro è consigliere, e un altro è tanto avanti e quotato nel partito che vuol diventare parlamentare, e glielo auguriamo di cuore, se questo è il suo desiderio speriamo per lui, purché non lo faccia per noi… e le loro orecchie sono grandi, fa parte dei requisiti, grossi padiglioni per ascoltare i cittadini, ma se guardate dentro il timpano non c’è, non sentono e tengono viva la frase convenzionale per cui quello che entra da una parte dall’altra esce, è un tunnel unico, da orecchio a orecchio, le parole scorrono via gocce su marmo… e non c’è problema, tutti abbiamo dei limiti, ma loro non lo ammettono e quando gli fai una domanda rispondono sì, dicono sempre sì, non gli costa niente, e infatti non hanno nemmeno sentito… e poi un’altra categoria che ci poteva aiutare era quella dei commercianti, ma chiedere moneta a un commerciante il minimo che può capitare è che risponda… e io che ci guadagno? E dobbiamo volergli bene, e come si fa a non amarli, hanno bisogno più di altri, e diamogli una mano… non conoscono la bellezza dell’azione gratuita.… però nella cittadina dove il tempo si è fermato i commercianti non sono così, sono speciali e ti offrono le loro vetrine, e noi per la festa di primavera le abbiamo riempite di magnolie e fiori di pesco, e poi adesso si è aggiunto Martin Stigol, lui fa animazione nelle strade, non è di queste parti, però ha capito che il suo compito è qui, e non è un missionario, è solo uno che si commuove per il sorriso di un bambino, e questi due elementi messi insieme sono il motivo per cui anche quest’anno nelle vie del centro arriverà la primavera. Martin si prepara, e bruceremo il vecchio, la natura rifiorirà, e tutti lo sanno, politici e commercianti, tutti sanno che una festa insieme vale più dei soldi. C’est la vie.

Racconto di Abramo Vane, in occasione del venticinquesimo della Vetrina da Leggere di via Cavallotti.

Il mandala 

Se fossero tutti come Barbara & Michele, la nostra Vetrina da leggere già volerebbe, purtroppo nella cittadina dove il tempo si è fermato c’è gente piena di grana che a tirar fuori cento euro sta male, sta proprio male fisicamente, e allora che ci puoi fare, dici forza e coraggio e applichi la politica dei piccoli passi, e se tutto dovesse andare a ramengo, ed è più probabile questo che non la realizzazione del sogno, resterebbero l’essenza dell’azione e il fascino di averci provato… ma non divaghiamo, sapete che hanno fatto l’altro giorno i due soprannominati? Hanno chiamato nel loro negozio di mobili orientali alcuni monaci tibetani a realizzare un mandala. Io sono arrivato alla sera e mi dispiace di non aver seguito tutto l’avvenimento anche se non è stato difficile ricostruirlo. Dalla mattina i monaci seduti attorno a una tela avevano aspirato per tutto il giorno granelli di sabbia con un piccolo cono da alcuni mucchietti che servivano per riempire e costruire il mandala, ce n’erano di rossi, gialli, verdi, neri, tutti i colori, e questi granellini, risucchiati con pazienza infinita, uno alla volta, erano scivolati lungo la spirale attorcigliata del cono per andare a collocarsi, secondo il colore, nello spazio prestabilito, e alla sera il mandala era terminato, una serie di cerchi e figure geometriche formavano un mosaico, e tutti dicevano che bello che bello, e così si giunse alla benedizione dell’opera, e parole cantilenate, incomprensibili per noi che però ne percepivamo la profondità, accompagnarono una cerimonia semplice, e alla fine la sabbia che componeva l’opera d’arte fu raccolta al centro del mandala, e in pochi secondi svanì quella figura che era costata il lavoro di una giornata, i monaci ridevano soddisfatti, e ne prese forma un’altra, come se da una pittura figurativa si fosse passati a una astratta, e io mi ricordai a proposito la lezione del pittore Gianluigi Sommaruga, passato dal figurativo all’astratto, e però nemmeno quel disegno rimase e i granelli di sabbia furono distribuiti in bicchierini fra i presenti, e mi sembra che a tutto questo non occorrano commenti. Noi cercavamo di imitare con i nostri sorrisi la serenità che traspariva dai visi di quei monaci, ma ahimè non ci riuscivamo, e Michele si avvicinò e sottovoce disse pazienza, ragazzi, avremo un’altra vita per riprovarci.

Racconto di Abramo Vane, in occasione del venticinquesimo della Vetrina da Leggere di via Cavallotti.

 

Cinema all’aperto

E sant’Antonio aveva fatto la grazia, Monica aveva acceso candele in tutto il negozio, e così quello non era più un negozio di abiti femminili ma un santuario per la Madonna, e i vestiti erano ancora più belli, Monica ci sapeva fare, nel suo lavoro era imbattibile, e quelle candele brillavano e annunciavano la serata che la nostra cittadina voleva vivere in modo speciale come se lì il tempo si sarebbe fermato… e il giornale radio aveva annunciato temporali serali, ma quelli delle previsioni guardavano il giorno sul calendario e non il nome che ci sta vicino, non si erano accorti che era Sant’Antonio e non sapevano che Monica aveva acceso candele in tutto il suo negozio di abiti… e così avevamo chiuso la via dove passavano le auto e tirato in mezzo uno schermo cinematografico, e proiettammo un film muto di Charlot, avevamo messo giù le sedie, e qualcuno se l’era portata da casa per non restare in piedi, un pianista seguiva il film e commentava dal vivo, e all’arte del cinema aggiungeva la sua, e la musica l’avevano fatta prima anche due ragazze che avevano suonato all’ora dell’aperitivo al bar del Cavedio, e ci fu anche il teatro, Martin e la sua troupe andavano in giro sui trampoli vestiti da Charlot, e siccome il film era un film muto non parlavano e si esprimevano con cartelli scritti come nelle comiche, e un passante che voleva dire una cosa capì che quello era l’unico sistema per comunicare e aveva scritto anche lui un cartello, e in attesa del film Samantha aveva preparato la paella e Fabrizio la sangria, ma Laura preferiva la birra e seduta al tavolino del bar la trangugiava senza bicchiere, direttamente dalla bottiglia, perché quello era l’unico modo diceva, e lei aveva un passato da dark anche se a guardarla non sembrava, e quando iniziò la proiezione il Giulio Rossini di Film Studio tirò due accidenti a quelli del Comune che non avevano spento il lampione in mezzo alla strada, ma nemmeno quell’inettitudine poteva ormai rovinare la magia, e vedere Martin e i suoi amici vestiti da clown, e poi il film di Charlot intitolato Il Circo, e sentire le ragazze con violino e chitarra e quel fenomenale pianista sotto lo schermo, e tutto questo in un’unica serata dove musica, cinema e teatro camminarono insieme come amici d’infanzia, fu indimenticabile, e per ricordare già bastava quella visione, la strada chiusa al traffico, e dietro alle persone sedute sulle sedie il tempo che si era fermato a guardare.

Racconto di Abramo Vane, in occasione del venticinquesimo della Vetrina da Leggere di via Cavallotti.

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