SOLDATI ITALIANI IN UCRAINA

SOLDATI ITALIANI IN UCRAINA


In tre anni di conflitto Russia-Ucraina nessuno ha ricordato l’Esercito italiano che combatté in Ucraina nella Campagna di Russia 1941/43 della Seconda guerra mondiale.  

Quei bersaglieri e quegli alpini sul fronte russo, uomini costretti a diventare eroi per avere la speranza di tornare in patria, li ricordo con due racconti: IN PRIMA LINEA, una storia vera, documentata, e IL SOLDATO INUTILE, ispirata a fatti accaduti, con riflessioni sulla guerra. E sulla pace.

Ogni cosa è illuminata dal passato, e il compito della narrativa non è di sostituire la Storia, ma di renderla più comunicativa, in un totale rispetto degli accadimenti.

                                                                                       L’autore

IN PRIMA LINEA

Un bersagliere sul fronte russo

– Una storia vera –

Nessuno può spezzare l’anima, né il fuoco bruciarla; l’acqua non può bagnarla, né il vento seccarla.   (La Bhagavad-gita)

Prologo

I Morti e i Vivi

Questa storia la raccontano quelli che sono stati là, e poi sono tornati, sì, in qualche modo sono tornati, i superstiti della prima linea, ma la dovrebbero invece raccontare i morti, tutti quei morti che non hanno nemmeno una storia, e la storia vera, quella che i libri non riportano, la storia dei singoli, è rimasta in quei loro occhi spalancati… Noi li seppellivamo nella terra ghiacciata, quei morti, appena sotto, e altrimenti non era possibile, e a volte gli rompe­vamo le braccia rigide per farceli stare, e faceva così freddo che era come spaccare filoni di pane raffermo, qualche dito rimaneva fuori ed erano come fiori sulla tomba, gli unici a resistere, e tanti erano morti da eroi e la patria gli doveva almeno una medaglia alla memoria, ma là, davanti alla prima linea, non c’era mai un ufficiale a compilare il rapporto, e quando c’era anche lui era un morto… E così quella volta che avevamo cominciato un’azione di avanguardia e c’eravamo trovati quasi circon­dati, avevo imbracciato una mitragliatrice e il fuoco era violento, le pallottole venivano da ogni direzione e le sen­tivo proprio fischiare, indietreggiavo e sparavo anch’io scudi di pallottole e mi guardavo attorno e vedevo solo loro, i miei compagni morti, e loro vedevano me, e avevo tutti quegli scudi di pallottole a difendermi, e così ero ri­uscito a rientrare, e l’ufficiale mi aveva dato una medaglia, e me la consegnò lì sul campo, e il giorno dopo non me l’avrebbe più concessa perché anche lui era fra i morti. In prima linea ci sono rimasto tredici ininterrotti mesi, e quando l’ho lasciata di quelli che erano partiti con me, di quei ragazzi che avevano fatto il campo insieme, non ne era rimasto uno, tutti erano stati sostituiti, e così nel mio battaglione vedevo sempre facce nuove e poi mi ero ac­corto che di quel primo contingente di centottanta bersaglieri che componevano la prima compagnia non ne era rimasto nes­suno, erano morti o rimpatriati come feriti, e tanti non so neppure che fine avessero fatto, non erano più al fronte, e tutti erano stati sostituiti perché il soldato in prima linea viene sempre rimpiazzato, e dietro di lui ce ne sono altri sette che lo sostengono, che lavorano per lui, e quel sol­dato in prima linea non manca mai, cambia la faccia ma è sempre presente, e di quelle facce che avevano vent’anni ne avevo viste tante passare, la chiamavamo la giostra mortale, le facce colpite cadevano e ne ri­spuntavano altre… E come una freccia pungente e vele­nosa nella mente arrivava il pensiero che prima o poi qualcuno avrebbe preso il mio posto, e questo pensiero però io lo facevo correre via e tenevo la mente occupata con altro, e mi procuravo i fucili mitragliatori del nemico che funzio­navano meglio dei nostri, quelle straordinarie mitragliette che non si inceppavano mai, e cercavo il cibo sufficiente a un uomo che combatte ogni giorno, il tascapane a un morto non serve più a niente ma tiene in forza uno vivo, e quando ci sono quaranta sotto zero devi essere attrezzato, il congelamento parte dai piedi, e il nostro equipaggia­mento ai tedeschi faceva ridere, loro sì che erano preparati alla guerra e la volevano proprio fare, e se quel pensiero velenoso entrava nella mente di un soldato che non era pronto per la guerra allora nasceva la paura, e la paura in prima linea è una calamita, e tutte le pallottole sono lì, se uno ha paura è meglio che stia nelle retrovie, è meglio es­sere uno di quei sette soldati che stanno dietro, e se sei fortunato ti mangi i prosciutti e bevi acquavite per riscal­darti, ma in prima linea arrivano solo quei tozzi di pane fatti di paglia, e il vino è così annacquato che bisogna scioglierne i cubetti ghiacciati con i guanti e con il fiato, ma chi non è in prima linea fa un altro tipo di guerra, in prima linea non si trema per il freddo, non si trema per la paura, e chi lo fa è un uomo morto.

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