IN UN’ALTRA VITA
Di Natalia Rovera
Quella lacrima sul viso aveva detto tutto. Raccontava di un amore taciuto per troppo tempo, di tanti “ma si dai poi passa”. Come se fosse un’influenza o uno fastidioso sfogo, che poi tanto danno non fanno. Quante volte Pier incrociando il suo sguardo avrebbe voluto confessarle il suo amore! Le aveva anche contate poiché così facendo, si diceva, avrebbero fatto da sprone alla sua ritrosia. Una, due, cinque, dieci volte, ma niente proprio non ce la faceva. Rimuginava tra sé e sé: “l’altro giorno era di corsa”, “ieri era troppo accigliata”, “oggi poi proprio no, pioveva troppo!”. Quando le scuse si esaurirono iniziò a sfuggire al suo sguardo, quasi i suoi occhi avessero il potere di pietrificarlo all’istante. C’era sempre qualcosa che cascava provvidenzialmente di mano, un passante da salutare o un raggio di sole ad infastidirlo. Gli anni passavano e Pier vide Juliette trasformarsi in una giovane splendida donna, che egli venerava in devoto silenzio, quasi fosse l’incarnazione di una divinità e lui un misero mortale al suo cospetto. Venne poi l’inesorabile giorno in cui la vide scendere le scale per salire nella carrozza adornata a festa. Non era stata mai così bella, pensò, ed in quel momento seppe che mai più avrebbe provato quello smarrimento, quel senso di totale impotenza dinanzi ad un’altra donna. Lei era il suo amore, la sua musa, il suo eterno tormento. E mentre le porgeva dolcemente il braccio a suo sostegno, nell’esatto momento in cui i loro occhi si incrociarono capì di averla perduta per sempre. Lei saliva in carrozza e lui fu come trafitto da mille pugnali. Quel dolore fu così acuto tanto da causargli un mancamento. Juliette se ne accorse mentre si voltava sventolando il suo fazzoletto come si confà agli addii in grande stile. Fece fermare subito la carrozza, scese di corsa quasi inciampando nell’abito e si precipitò a soccorrerlo. Avvicinandosi a Pier, che si era accasciato sui gradini, si inginocchiò dinanzi a lui e fissandolo con occhi indagatori lo vide forse realmente per la prima volta per ciò che era. Quelle lacrime, quello sguardo, valevamo più di mille parole. Ed ella tacque, sforzandosi di mantenere quel regale contegno che il suo ruolo imponeva e per il quale tanto si erano adoperati i suoi educatori negli anni addietro. Asciugò dolcemente le sue gote con un tocco estremamente delicato, quasi temesse sfiorandolo di cagionargli altro dolore. Poi strinse le sue mani e con voce tremolante disse “forse in un’altra vita, in altri luoghi, avremmo potuto essere noi”. E se ne andò.
Natalia Rovera è una varesina di 53 anni. Odia il freddo, i ragni, la prepotenza. Ama il mare, i gatti, la gentilezza. Scrivere per lei è un’esigeza viscerale, che le permette di catturare il suo mondo interiore tanto turbolento quanto sfuggevole.
Selezione di racconti da XI Concorso “Il Corto letterario e l’illustrazione”, NARRATIVA (Scrivere il corto) RACCONTI D’AMORE ( Sezione dedicata a Maniglio Botti)
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